La selezione di dodici fotografie e un video rappresentativi del cammino artistico di Giovanni Gaggia mette in luce un elemento visivo e concettuale comune: l’oro. Performance, ricami, ceramiche, installazioni di grandi dimensioni – in spazi interni ed esterni – costruiscono un linguaggio poetico in cui il colore principe della scala alchemica diventa protagonista e chiave di lettura. Per Gaggia, l’oro non è ornamento, ma simbolo di trasformazione: una tensione costante verso la luce dopo la ferita, verso la conoscenza attraverso la materia.
Le sue opere attraversano temi sociali e politici radicati nell’esperienza umana: la memoria, la perdita, la dignità, la cura. In ogni lavoro la bellezza si manifesta come atto di resistenza, un modo per trasformare la fragilità in forza e la vulnerabilità in risorsa poetica.
L’oro diventa così filo conduttore di una ricerca spirituale e terrena insieme: luce che attraversa il dolore, gesto che unisce, sguardo che accoglie.
Il percorso dell’artista si estende fino alla danza e alla musica, linguaggi che ampliano la sua indagine sul corpo. Nel progetto performativo ideato per il MUSMA – Museo della Scultura Contemporanea di Matera, un danzatore si muove su linee dorate in un dialogo intenso tra gesto e spazio. Al Rebel Fest, invece, cantanti e attori si esibiscono su un dodecaedro rivolto verso il palco principale, dove campeggia la frase «Cantando vai finché non muore il giorno». Gaggia attinge alla poesia di Giacomo Leopardi, trasformandola in parola scenica e corale, in azione condivisa che unisce arte e vita.
Un altro elemento chiave del suo lavoro è la proprio la parola, intesa come materia viva, segno e condivisione. Talvolta prende in prestito voci altrui – come quella di Elisa Springer, testimone della Shoah – restituendo loro nuova forza attraverso la dimensione poetica e relazionale dell’arte. Nell’opera più recente, Com’è il cielo in Palestina?, la parola diventa invece tatto, attraverso l’uso del Braille: una scrittura da leggere con le mani, capace di trasformare la distanza in con-tatto.
Così, nell’opera di Giovanni Gaggia, l’oro e la parola si incontrano come simboli di rinascita: luce che attraversa il dolore, memoria che si fa presenza, linguaggio che diventa gesto e cura.
Giovanni Gaggia (Pergola, 1977) è artista e performer. Nel 2008 fonda e dirige Casa Sponge, spazio di accoglienza per artisti. Ha partecipato a numerose mostre, residenze e conferenze su temi sociali e politici, presentando le sue performance in teatri, gallerie e festival. Ha inaugurato con una performance il padiglione di Beverly Pepper alla 58ª Biennale di Venezia (2019). Le sue opere sono presenti nelle collezioni di musei come il MUSMA Museo di Scultura Contemporanea di Matera, il Museo Tattile Statale Omero di Ancona, Il Museo della Ceramica di Savona e il Museo RISO di Palermo. Nel 2024 Casa Sponge è tra i protagonisti di Pesaro Capitale italiana della Cultura.
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